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A Londra il Pil va sotto zero

dai nostri corrispondenti Marco Niada (Londra) e Beda Romano (Francoforte)

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Sabato 25 Ottobre 2008


La situazione economica in Europa si sta rapidamente degradando. La preannunciata recessione in Gran Bretagna si è palesata ieri ufficialmente, con i dati del terzo trimestre, mentre nella zona euro gli ultimi indici sulla fiducia lasciano presagire il peggio. Le Banche centrali, a Londra come a Francoforte, sono destinate a tagliare ancora il costo del denaro pur di alleviare per quanto possibile la contrazione dell'attività economica.

Secondo i dati resi noti dall'Ufficio nazionale di Statistica, il Pil nel Regno Unito ha compiuto tra luglio e settembre un vero tuffo dello 0,5%, mettendo bruscamente fine a 16 anni di crescita ininterrotta. L'ultimo trimestre negativo fu nella primavera del 1992, quando il Paese usciva con le ossa rotte da una dolorosa recessione, accompagnata da un crollo dei valori immobiliari. Tecnicamente, un Paese è in recessione quando registra due trimestri consecutivi di contrazione del Pil.

Da come è stata accolta ieri la notizia nessuno pareva dubitare che il pessimo risultato non sarà replicato anche negli ultimi tre mesi dell'anno. Il Cancelliere dello scacchiere, Alastair Darling, poco dopo la pubblicazione dei dati, ha ammesso che «avremo davanti un periodo difficile», aggiungendo «di essere certo che lo supereremo». Darling si è impegnato «ad aiutare la gente mettendole più soldi in tasca» e ha auspicato un coordinamento a livello mondiale per uscire dalla crisi.

A peggiorare il quadro ancora è stato lo stesso vice governatore della Banca d'Inghilterra, Charlie Bean, che, riferendosi alla stretta al credito, ha parlato di «una crisi che capita una volta per generazione, se non la peggiore nella storia dell'umanità». Ad affondare l'economia britannica è stato il cedimento del settore dei servizi, che ha perso lo 0,4%, registrando il peggiore scivolone da 18 anni.

Il settore manifatturiero ha perso l'1%, mentre le costruzioni sono scese dello 0,8. Gli economisti si attendevano mediamente un calo del Pil dello 0,2 per cento. Nella zona euro, i segnali di recessione sono arrivati da un indice sulla fiducia dei direttori degli acquisti nell'industria e nei servizi, sceso a 44,6 punti a ottobre, da 46,9 di settembre. È il quinto calo mensile consecutivo, che ha portato il Pmi ai minimi da quando l'indice è stato creato nel 1998. A soffrire di più è l'industria, il sotto-indice è sceso a 41,3, mentre il terziario è calato a 46,9. Entrambi sono ben sotto quota 50, lo spartiacque tra recessione ed espansione dell'economia.

Ormai la zona euro è destinata a subire una contrazione anche nel terzo trimestre dopo che già tra aprile e giugno il Pil si era ridotto dello 0,2 per cento. «La domanda non è più se la zona euro subirà una recessione, ma quanto durerà e quanto sarà profonda», sosteneva ieri Howard Archer, economista di Global Insight.

Gilles Moëc, analista di Bank of America, non si aspetta un ritorno della crescita prima del terzo trimestre del 2009. Stretta al credito, banche in crisi, fiducia in calo: lo sguardo è rivolto alle autorità monetarie. A Londra, gli analisti prevedono che il costo del denaro possa scendere al 3,75-4%, dal 4,5% di oggi, entro inizio novembre. Nella zona euro il prossimo ribasso del tasso della Banca centrale europea, attualmente al 3,75%, è previsto nel mese prossimo.

E ieri, in una giornata di forte volatilità, l'euro, nei minimi di seduta, è scivolato sotto 1,25 dollari e a 113,82 yen (minimo da sei anni), per poi recuperare in parte. La moneta giapponese si è portata ai massimi da 13 anni nei confronti della divisa statunitense a quota 90,95 yen per dollaro. Debole anche la sterlina, ai minimi sull'euro (scambiato a 81,96) e ai livelli del 2002 sul dollaro.

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